IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Emette  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento di sorveglianza
 relativo alla revoca lib. condizionale all'udienza  del  13  novembre
 1992;
    Premesso  che  il detenuto Mesina Graziano nato il 4 aprile 1942 a
 Orgosolo,  residente  in  Asti,  frazione  S.  Marzanotto   n.   320,
 attualmente in liberta' vigilata per la concessione della liberazione
 condizionale  concessa con ordinanza 18 ottobre 1991 del tribunale di
 sorveglianza di Torino, difeso dall'avv. di fiducia  Gabriella  Banda
 del Foro di Torino;
    Visto il parere favorevole rev. del p.g.;
    Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
    Verificata,  preliminarmente,  la  regolarita' delle comunicazioni
 relative  ai  prescritti   avvisi   al   rappresentante   del   p.m.,
 all'interessato ed al difensore;
    Considerate  le  risultanze  delle documentazioni acquisite, delle
 investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
 discussione di cui a separato processo verbale;
                            FATTO E DIRITTO
    Con  ordinanza  emessa  il  18  ottobre  1991  dal  tribunale   di
 sorveglianza   di   Torino  veniva  concessa  a  Mesina  Graziano  la
 liberazione condizionale e conseguentemente veniva applicata nei suoi
 confronti  la  liberta'  vigilata  per  la  durata  di  cinque  anni,
 trattandosi di soggetto condannato all'ergastolo.
    Dagli   organi   preposti  alla  vigilanza  veniva  comunicata  al
 tribunale di sorveglianza la violazione degli obblighi da  parte  del
 Mesina in data 24 settembre 1992.
    Veniva  quindi  instaurato d'ufficio il procedimento per la revoca
 della liberazione condizionale.
    All'udienza del 13 novembre 1992 il difensore di Mesina presentava
 memoria nell'interesse del  suo  assistito  proponendo  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  177  del  codice  penale  in
 relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione  nella  parte  in  cui
 esclude  che  nel  caso di revoca della liberazione condizionale gia'
 concessa al condannato all'ergastolo il giudice possa determinare  la
 pena detentiva ancora da espiare.
    A  seguito  dell'eccezione  di incostituzionalita' il tribunale si
 riservava di decidere.
    A scioglimento della  riserva,  il  tribunale,  rilevando  che  la
 questione di legittimita' costituzionale avanzata dalla difesa appare
 rilevante  ai  fini  della  decisione  (poiche'  il comportamento del
 Mesina  appare  tale  da  comportare  la  revoca  della   liberazione
 condizionale) e non manifestamente infondata.
                             O S S E R V A
    1.  -  La  riflessione  non  puo' che partire dalla sentenza della
 Corte  costituzionale  del  25  maggio  1989,   la   stessa   infatti
 rappresenta    il    piu'    recente   e   significativo   contributo
 all'inquadramento    dell'istituto    nell'ambito    dei     principi
 costituzionali.
    La  sentenza  segna  il superamento del dibattito, per certi versi
 nominalistico,   sulla    natura    dell'istituto,    sempre    fermo
 nell'alternativa fra "modalita' di esecuzione della pena" e "misura a
 carattere sospensivo-probatorio".
    Capovolgendo la prospettiva, i giudici partono dalla constatazione
 della  concreta  afflittivita' della liberta' vigilata per contestare
 la legittimita' costituzionale dell'automatismo della revoca ex  art.
 177 del c.p. e per affermare il principio in base al quale nel nostro
 ordinamento  la nozione di esecuzione va estesa fino a comprendere le
 modalita' esecutive di tutte le misure, anche solo  limitative  della
 liberta' personale, nelle varie leggi previste.
    Infatti,  sostiene  la Corte, "il rapporto giuridico punitivo (per
 chi lo  ammetta)  va  distinto  dai  diversi  rapporti  giuridici  di
 esecuzione,  relativi alle diverse conseguenze penali della condanna,
 pur derivando questi ultimi dal primo: la  liberazione  condizionale,
 infatti, mentre sospende la pena principale detentiva (sospende cioe'
 una   delle  conseguenze  del  rapporto  giuridico  punitivo)  lancia
 tuttavia integro quest'ultimo che puo' continuare,  cosi'  a  rendere
 concreti  altri rapporti giuridici di esecuzione di (eventuali) altre
 conseguenze penali".
    Si tratta di affermazioni teoriche di grande  rilievo  che  vedono
 nella   concessione,   prima,   e   nella  revoca  della  liberazione
 condizionale, poi, fattispecie modificative complesse che da un  lato
 estinguono  un  rapporto  giuridico  di  esecuzione  e  dall'altro ne
 costituiscono uno nuovo.
    Nell'analisi di tipo strutturale avviata dalla  Corte,  la  revoca
 della   liberazione  condizionale,  quale  fattispecie  modificativa,
 produce due conseguenze giuridiche: estingue lo status  di  "vigilato
 in  liberta'" del condannato e (ri) costituisce quello di "detenuto".
 Tale revoca integra pertanto l'ultimo  elemento  di  una  fattispecie
 estintiva e costitutiva insieme: la nuova fattispecie modificativa e'
 tuttavia  diversa  da  quella  che  diede luogo alla estinzione della
 prima  carcerazione  ed alla costituzione dello status di vigilato in
 liberta'; oltre gli elementi di quest'ultima fattispecie,  la  nuova,
 modificativa, contiene il periodo trascorso in liberta' vigilata (con
 tutti  i suoi contenuti afflittivi) ed il riadattamento sociale, gia'
 eventualmente, sia pure in parte realizzato,  malgrado  la  causa  di
 revoca, contiene quest'ultima causa e la stessa revoca.
    Prodotta   dunque  da  un  diversa  fattispecie,  la  carcerazione
 conseguente alla  revoca  di  liberazione  condizionale  e'  nuova  e
 diversa:  la  pena  detentiva  residua  non  puo',  pertanto,  essere
 determinata  senza  un  nuovo  giudizio,  che   tenga   conto   anche
 dell'afflittivita'  supportata  durante  la liberta' vigilata e senza
 una necessariamente nuova valutazione prognostica  relativa  al  gia'
 condizionalmente liberato.
    La Corte precisa inoltre qual'e' l'oggetto della nuova valutazione
 che  permette  al  tribunale di sorveglianza di determinare la durata
 della residua pena detentiva, infatti, il tribunale,  con  la  revoca
 della  liberazione  condizionale,  nel  quantificare la residua pena,
 deve provvedere a sottrarre, dalla pena detentiva inflitta in sede di
 cognizione, il  concreto  carico  afflittivo  subito  dal  condannato
 durante  la  liberta'  vigilata  prima  della  causa  di  revoca.  Ma
 un'ulteriore indagine e' richiesta al tribunale  in  sede  di  revoca
 della  liberazione  condizionale:  un  giudizio prognostico che tenga
 conto del periodo trascorso in liberta' condizionale per valutare nel
 tempo in cui sono stati osservati i  doveri  inerenti  alla  liberta'
 vigilata   il  grado  di  rieducazione  raggiunto  dal  condannato  e
 conseguentemente  il  grado  della  sua  rieducabilita'  al  fine  di
 determinare  la  pena  residua,  personalizzando  gli  effetti  della
 revoca, nell'entita'  necessaria  per  l'ulteriore  rieducazione  del
 condannato.
    2.  -  Dalla  necessaria premessa, finora svolta, sulla necessita'
 per il tribunale in caso di revoca della liberazione condizionale, di
 determinare la pena ancora da espiare  formulando,  da  un  lato,  un
 giudizio storico sul concreto carico afflittivo subito dal condannato
 nel  corso  della liberta' vigilata da sottrarre dalla pena detentiva
 inflitta in sede  di  cognizione  e,  dall'altro  lato,  un  giudizio
 prognostico  sul  grado di rieducabilita' del condannato, discende il
 dubbio sulla legittimita' costituzionale  dell'art.  177  del  codice
 penale  poiche',  nel  caso di ergastolo, non e' possibile effettuare
 l'operazione logico-valutativa richiesta dalla norma in esame ai fini
 della revoca.
    Invero, nel caso  di  condannato  all'ergastolo,  risulterebbe  di
 fatto  preclusa  l'operazione  di sottrazione dalla pena inflitta dal
 giudice di cognizione del carico afflittivo sopportato dal condannato
 nel tempo in cui e' stato sottoposto alla liberta' vigilata.
    Il giudice, in caso di revoca della liberazione condizionale ad un
 soggetto condannato all'ergastolo, si trova di fronte ad  una  scelta
 obbligata:  rideterminare  in  base  ai  criteri indicati dalla Corte
 costituzionale la pena ancora da espiare.  Ma,  in  questo  caso,  il
 giudizio non sarebbe il risultato di una operazione di sottrazione da
 una  pena  gia' preventivamente fissata dal giudice della cognizione,
 bensi', in assenza di  alcun  termine  fissato  dal  legislatore  per
 rendere  concretamente  possibile  l'operazione  di  "scorporo" della
 parte di pena utilmente espiata in regime di  liberta'  vigilata,  si
 verrebbe a determinare ex novo una pena diversa da quella fissata dal
 giudice  della  cognizione,  violando  palesemente il principio della
 intangibilita' del giudicato.
   Diversamente si ricadrebbe nell'ipotesi di  revoca  automatica  con
 riviviscenza  ex  tunc della precedente sanzione inflitta dal giudice
 della cognizione, nel  caso  di  specie  l'ergastolo,  riportando  la
 revoca  della  liberazione  condizionale in una logica esclusivamente
 afflittiva, gia' implicitamente dichiarata illegittima  nelle  pieghe
 dalla motivazione della sentenza del 25 maggio 1989.
    Il  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione appare evidente ove
 si consideri l'ingiustificata differenza di trattamento nel  caso  di
 revoca  della liberazione condizionale gia' concessa ad un condannato
 a pena temporanea e nel caso di revoca  la  liberazione  condizionale
 gia' concessa ad un condannato alla pena dell'argastolo.
    Il  diverso  trattamento  si  rende maggiormente palese sol che si
 pensi alla ipotesi di concessione della liberazione condizionale dove
 il legislatore prevede,  in  entrambi  i  casi,  un  unico  parametro
 valutativo:  "il  sicuro  ravvedimento", mentre specifica con precise
 indicazioni temporali i termini relativamente alla pena gia' scontata
 per essere ammessi alla liberazione condizionale in caso di  condanna
 all'ergastolo  nonche'  il termine di cinque anni decorso il quale la
 pena si estingue. Nel caso di revoca, al contrario, il presupposto di
 fatto rimane unico sia per il condannato a pena temporanea sia per il
 condannato all'ergastolo ma solo per il primo e' possibile effettuare
 quella operazione di sottrazione dalla pena  detentiva  inflitta  del
 peso  afflittivo  della liberta' vigilata, mentre per il secondo, non
 essendo possibile effettuare l'operazione di sottrazione,  non  resta
 che far rivivere la pena precedente.
    3.  -  Quanto  al  contrasto  con  l'art. 27 della Costituzione si
 sottolinea come la liberazione condizionale sia un istituto nel quale
 si esprime la finalita' rieducativa della pena.
    Ora, nell'ambito di tale istituto, e' previsto  un  meccanismo  in
 base  al  quale,  in  caso  di  revoca  del  beneficio  al condannato
 all'ergastolo, non  essendo  possibile  ne'  sottrarre  da  una  pena
 perpetua  il  carico  afflittivo  gia'  sopportato dal condannato ne'
 rideterminare  ex  novo  la  pena  da   espiare,   rivive   la   pena
 precedentemente   inflitta,   quindi   l'ergastolo,   con   ulteriore
 pesantissimo aggravio per il condannato di non poter  piu'  usufruire
 una seconda volta dalla liberazione condizionale.
    In  tale  caso  una  revoca automatica del beneficio che non tenga
 conto, da un lato della gravita' dei fatti che hanno dato luogo  alla
 revoca,   e  dall'altro  dell'eventuale  reinserimento  sociale  gia'
 operato dal condannato nel periodo in cui e'  stato  sottoposto  alla
 liberta'  vigilata,  si  pone in netto contrasto con il principio del
 trattamento penale individualizzato  e  della  finalita'  rieducativa
 della pena.
    4.  -  La  revoca  della liberazione condizionale gia' concessa al
 condannato all'ergastolo, cosi' come  disciplinata  dal  primo  comma
 dell'art.  177  del c.p. parzialmente modificato dalla sentenza della
 Corte costituzionale n. 282 del 25 maggio  1989,  risulta  quindi  in
 contrasto  con  gli  artt.  3  e  27 della Costituzione in quanto non
 consente al tribunale di determinare la quantita' di pena  ancora  da
 scontare  in  seguito  alla  revoca di beneficio, dal momento che non
 fornisce i criteri per procedere a tale  determinazione  in  caso  di
 condanna all'ergastolo.